Colloquio di lavoro

Alcuni post fa, ho scritto un post dalla sala Lounge di un hotel per motivi che vi avrei spiegato poi.
In questo post spiegherò quella giornata, non perchè ci sia qualcosa di superinteressante da dire, ma solo perchè è stata una giornata assurda.

Allo scadere del “manca un mese da oggi” mi sono improvvisamente resa conto che io volevo restare qui e ho passato pomeriggi interi a cercare qualche lavoro su internet e ho mandato varie application. Il giorno del mio compleanno trovo in mail una risposta (che era esattamente il giorno dopo aver inviato il CV) di uno dei posti che mi interessava di più in cui mi chiedono di fare un colloquio su Skype il venerdì 13. Io confermo subito e attendo il venerdì 13 per le 16, orario in cui era fissato il colloquio.

Giorno 13 ad ora di pranzo: A casa inizio a vedere dopo pranzo che internet ovviamente non va. So già che quando fa così si riprenderà solo a tarda sera o il giorno dopo, quindi devo assolutamente industriarmi senza internet a casa a cercare una soluzione che mi faccia sostenere il colloquio alle ore 16. Chiaramente, non avendo internet, non avrei mai potuto avvertire la società che non avrei potuto sostenere il colloquio dato che avevo solo il riferimento mail. Ed io tutto volevo fare, tranne la figura dell’italiana strafottente che non solo non fa il colloquio, ma non avverte neanche il pool di tedeschi che la cosa non sarà possibile. Ovviamente non ho google map per vedere se ci sono zone wi-fi o internet-point, nè ho internet sul cellulare per cui avevo solo la testa, che comunque, è bacata.
Allora mi si è aperto un cassettino della memoria che mi suggeriva che dietro casa la mia mente aveva registrato un internet point, così, decido di andare verso le 15 a controllare la situazione per vedere se sono aperti alle 16, se hanno skype, se devo installarlo. Individuo il negozio ed entro. La parte all’ingresso sembrava una tabaccheria, buia e con una puzza di fumo che avrebbe stecchito anche il peggior fumatore, figuriamoci me che non ho mai fumato. Faccio per inoltrarmi, per chiedere informazioni. Trovo due tizi seduti che si alzano e mi vengono incontro, uno del sudest asiatico e l’altro cingolese. Avevano un fare mooolto poco raccomandabile ma a me serviva internet come l’aria in quel momento e chiedo se alle 16 sono aperti, mi dice di sì. Do un po’ un’occhiata in giro e vedo che c’è una specie di bisca clandestina in atto, gente che gioca a carte intorno ad un tavolo, tutti rigorosamente uomini, in questa puzza di fumo vomitevole, di chiuso e con una musica araba ad un volume che avrebbe favorito non poco un aneurisma al cervello. Esco.
Penso solo: “come cazzo faccio a fare un colloquio di lavoro in cui mi gioco l’unica opportunità di voler restare qui (ad Amburgo, in verità) in un posto di merda del genere? dove non riesco neanche a sentire l’interlocutore che, come se gli ostacoli fossero già pochi, mi parlerà in un’altra lingua? E che figura di merda ci faccio se con la webcam mi si inquadrano i tizi appena dietro che nutrivano la bisca clandestina? E come faccio a chiedere di spegnere quella cazzo di musica orribile senza far trapelare il mio disprezzo verso ogni virgola di quel posto?” Ma soprattutto, davvero: “come cazzo faccio a fare un colloquio in queste condizioni?”. NO, decisamente quel posto NON sarà per me.
Ma alternative? Non ne ho.
Cerchiamole nei paraggi. Così girando girando, vado in una galleria indiana dove non ero mai stata prima, credevo di trovare qualcosa del genere ma tranquillo, e invece neanche l’ombra di un filo di internet. Le mie speranze iniziavano a ridursi, ormai erano le 15,30 e non vedevo soluzioni. Per un attimo ho pensato di poter andare nel mio ufficio in Consolato e usare internet da lì (che comunque funziona lentissimo e non sapevo se avrei potuto installare skype in tutta fretta) ma anche questa idea si rivelava infruttuosa nei risultati e troppo dispendiosa nei tempi. Meglio un’alternativa.

Riesco ad immaginare l’alternativa nell’hotel che ho vicino casa, anche se lì internet in stanza costava un botto e se i pc sono piazzati nella hall quindi ben poca intimità e troppo rumore ugualmente. Ma se sono fortunata, riuscirò a rimediare qualcosa. Non essendo ospite dell’hotel, e non avendo più tempo nè alternative, ero pronta a dire alla receptionist che avrei pagato qualsiasi cifra in cambio di una connessione stabile e funzionante. Intanto al bancone c’erano due turisti americani prima di me che chiedevano informazioni in tutta calma, richiedendo le cose 100 volte, facendosi spiegare per filo e per segno TUTTE le attrazioni turistiche di Francoforte 10 volte, TUTTI gli orari di apertura e chiusura delle stesse, TUTTI i posti per mangiare TUTTE le cucine del mondo. E se avevano una brochure sulle attrazioni. E se avevano una piantina della città. E se in metro si arrivava. E quanto costa e quanto ci mette la metro. E altrimenti come si arriva? E possiamo avere una busta per tutte queste cose? Ma sicuro che la brochure è l’unica che ci ha dato? Ma non può controllare se ce n’è un’altra? Io pensavo solo una cosa: “muovetevi cazzoooooo!!!!”, guardavo l’orologio e sudavo freddo.
Diversi minuti dopo, arriva il mio turno. Mi butto a pietà non ho chanche: “salve, io ho un problema enorme”, un problema posto in questi termini farà sobbalzare l’interlocutore ma anche tranquillizzare rispetto alla reale inezia del problema. “Oh.. mi dica”. “Non ho internet a casa, ho assolutamente bisogno di internet alle 4, però non sono cliente dell’hotel, ma sono disposta a pagare qualsiasi cif…..” – “Qui e sopra internet è gratuito”, “sì ma io non sono cliente dell’hotel”, “puoi usarlo, c’è la connessione qui e alla sala lounge del piano di sopra”. “Posso portare il mio pc e mi metto sopra, tranquilla e gratis?”, “Certo” mi dice con l’aria più tranquilla del mondo. So che ha pensato che fossi una cretina, ma non avrebbe mai capito la tragedia personale che stavo vivendo in quel momento. La mia possibilità, l’unica, di restare in Germania.

Così vado a casa, prendo pc e fili e vado alla benedetta sala lounge. Pulita, tranquilla, rilassata, senza ombra di voce. Avevo il paradiso sotto casa e credevo che la bisca fosse la mia unica possibilità. Tzè. Ovviamente la batteria del mio pc era scarica, quindi dovevo chiedere una presa fissa che la cameriera ha puntualmente soddisfatto. Collegamento perfetto, accendo skype e sto per iniziare il colloquio. Inizia il collegamento.           APPENA si attiva la webcam e la chiamata (giuro su quello che ho di più caro al mondo) salgono e vengono di fronte al pc tre bambini indiani a picchiarsi selvaggiamente scherzando ma strepitando e giocando a chi se le fosse dato più forte. Chi aveva un forte istinto menatorio in quel momento ero io. Ma che figura ci avrei fatto se, con webcam e microfono acceso, mi fossi alzata a picchiare tre minorenni fino a farli tacere e fossi tornata come se niente fosse a continuare il colloquio? Non buona, suppongo.

In tutto ciò, non capivo una parola di quanto mi venisse detto perchè la voce andava a singhiozzo, ed era anche un’altra lingua. Ho resistito finchè ho potuto (cioè 3 secondi) e poi ho detto che oggettivamente non le sentivo mentre parlavano e il collegamento era difficile. In tutto ciò arriva in hotel un pullman strapieno di turisti chiassosissimi (fino ad un secondo prima del colloquio non c’era NESSUNO) e le ragazze che mi esaminano mi dicono che non sentono nulla, c’è troppo casino e devo trovare un’altra sistemazione. Chiedo di corsa alla cameriera, ma ovviamente non c’è un’altra sistemazione. Così, dopo circa 10 minuti di “mi senti?” – “non ti sento” – “e adesso?” – “poco. Ma hai gli auricolari?” – “Cosa?” – “mi senti?……………….prontoooo???………….mi senti o no?” – “adesso mi senti?” – “io non riesco a sentirti” – “mi dispiace ma non sento niente”. Continuiamo il colloquio al cellulare tedesco di cui, così su due piedi, non ricordavo il numero da dargli. Ugualmente non si sente benissimo, queste parlano col viva voce che fa scadere notevolmente la qualità della ricezione, e la cameriera della sala viene con l’aspirapolvere elettrica a pulire davanti ai miei piedi e al mio tavolino facendo un casino infernale. A quel punto ho capito che non ce l’avrei mai fatta. Che non era più un colloquio di lavoro ma una battaglia di nervi. E che non ne potevo più. Il mood concentrato da colloquio era stato ormai iperdisturbato da tutti questi accadimenti, e la concentrazione era andata a putt…, ma ho ugualmente continuato. In generale avrei potuto fare e dire di più, ma la mia pecca più evidente è stata aver chiesto un colloquio in inglese e rispondere in tedesco perchè l’inglese non mi veniva. O, peggio, iniziare la frase in inglese e continuarla in tedesco senza neanche accorgemene che avevo cambiato lingua. Per fortuna le esaminatrici erano tedesche quindi capivano lo stesso, però ad un certo punto mi dicono: “scusa ma tu avevi chiesto di fare il colloquio in inglese?” – “sì” – “e perchè parli tedesco?”, già, che cazzo mi invento ora? niente, dico la verità: “l’inglese lo conosco meglio e mi sento più sicura, però spontaneamente mi viene il tedesco perchè sto qui da due mesi parlo tedesco da due mesi e mischio le due lingue. Scusatemi, avete ragione”.

Il colloquio dura 20 minuti e l’ho trovato professionale dal punto di vista delle domande. Non mi hanno chiesto se sono fidanzata, se voglio figli, chi sono e cosa fanno i miei genitori. Hanno invece indagato molto sulla mia motivazione per lavorare lì ed erano interessati a farsi spiegare cosa facessi nello stage. E poi mi hanno fatto domande sulla Germania: perchè hai scelto Francoforte? perchè la Germania? come ti sei trovata a Francoforte? Perchè vuoi rimanere in Germania? Avresti problemi a restare qui e trasferirti ad Amburgo?. Fine del colloquio.
Sono stata felice perchè sono stata all’altezza del dover mantenere i nervi prima di tutto. Perchè non ho mai fatto un colloquio in lingua. Perchè lo avevo, tutto sommato, reso sensato. Perchè avevo saputo rispondere e anche in tedesco. Perchè la situazione era quella che era e perchè ci avevo comunque provato.
L’esito è stato infausto, non mi hanno presa. Ma sono stata contenta lo stesso di come è andata. E sono stata contenta di essere stata contattata per un colloquio dopo neanche 12 ore dall’aver mandato il CV.

5 pensieri su “Colloquio di lavoro

  1. “… Non mi hanno chiesto se sono fidanzata, se voglio figli, chi sono e cosa fanno i miei genitori. …” Domande del genere (e anche altre) non sono permesso in Germania per un colloquio di lavoro. Anzi, quando ti chiedono cose così sono già nei guai!

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